Articolo:
Enzo Terzano, Introduzione allopera di Gabriele Cavicchioli,
in Mongolfiera, n. 55, 6-19 aprile, 1987.
Introduzione
allopera di Gabriele Cavicchioli
Nel lavoro di Gabriele non si possono distinguere dei periodi, dei momenti
dintesa con ununica soluzione formale e tematica, ma delle
fasi che si alternano composte di molteplici soluzioni formali e tematiche,
tutte contemporanee. Non cè un percorso, una via stilistica
che arrivi a completa maturazione e poi con una frattura, un salto,
un rapido cambiamento esprima un nuovo volto e una nuova direzione.
Le fasi sono contigue, il lavoro è parallelo, il prima e il dopo
non hanno senso se non come, in uno stesso momento, prima e dopo. Una
fase trascina laltra, una fase supera laltra sul suo stesso
piano, quando una, appare fiacca e svuotata, eccola ritornare rinvigorita
di un nuovo senso, già sottilmente, in qualche luogo, espressa.
In altri termini, la fase è una, e le sue manifestazioni sono
multiple. Questo vuol dire che si è in grado di rintracciare
uno stile, un modo di esprimersi che è riconoscibile. Di fronte
ad unindividualità si può gioire della molteplicità
di questo uno, che è in grado di essere simile a se stesso essendo
sempre diverso. Faccio degli esempi: Nudo di donna (1986) e la serie
dei ritratti, sono stati dipinti utilizzando un corpuscolo pittorico
e quindi narrativo molto ampio (da uno a più centimetri) che
montato e affiancato ad una serie analoga di corpuscoli, ma di forme
e di colore differente, realizza il quadro. Limmagine, concettualmente,
è il risultato: A. Di un montaggio di segmenti pittorico-narrativi
distanziati a bassa definizione (come in unimmagine elettronica);
B. Da un impianto fotografico apprende invece il taglio (primi piani
e grandangolari). Infatti le esperienze, il lavoro sul computer e sulla
fotografia, fanno parte del piano sperimentale di Cavicchioli. Questi
lavori sono freddi, direbbe Renato Barilli, il quale probabilmente
contesterebbe luso di olii e della tela, di sostanze e materie
calde, che di fatto pongono questa pittura videofotomatica
su una soglia contraddittoria. La contraddizione è prontamente
raccolta e sviluppata nella serie dei paesaggi. In Case in Toscana (1985)
i corpuscoli pittorico-narrativi si fanno più piccoli, sono quasi
dei punti ma anche degli à plat con una co-presenza di tecniche
storicamente ben divise. La loro funzione equivale a quella descritta
in Nudo di donna, ma non è la medesima essendo emerso, nei paesaggi,
il fondo a protagonista. E da lì che ora si parte, non
dal montaggio di corpuscoli, ma di un nero e di un bianco, e limmagine
affiora e si stabilisce in una densità visibile e appare. La
soglia della rappresentabilità è giocata fra i limiti
della saturazione e dellinconsistenza (come è visibile
su un programma di grafica computerizzata). Anche il taglio, o un tele
o un grandangolo, è ancora fotografico con laggiunta in
Case espressioniste (1986) di una lente deformante. Allimmagine
fredda ora corrisponde luso dellacrilico, un
residuo di tempera conferma le fasi ormai isolate. Le due fasi (sempre
nellottica prima espressa) rappresentano: la prima fase (il nudo
e la serie dei ritratti), una frantumazione grossolana e corposa dei
segni che arriva al limite della leggibilità con la disparizione
apparente di una forma (si veda Volto e corpo rosso e
.
(1986), dove i volti sono difficilmente rintracciabili ad uno sguardo
superficiale). Nella seconda fase, nei paesaggi, il corpuscolo narrativo
diventa polifunzionale fino a sparire nellà plat. Entrambe
le fasi appaiono dipendere da un modello videofotomatico di rappresentazione.
Vi è una terza fase dove i corpuscoli si assottigliano in linee,
in incisioni ondulate, a volte dolci, altre volte aggressive. Questi
segni, essendo filiformi, tornano ad amare la curva anche quando sono
incisi in quadrati, triangoli e cilindri. Si accomodano vigorose in
spirali e sfere. In Spirale del silenzio (1986) il volume affiora nel
disegno e si insedia con la realizzazione di oggetti tridimensionali.
Già il volume sconfessa il modello videofotomatico, non cè
più taglio, non cè più frantumazione, à
plat, segmenti, colori sintetici. Si usano ora acquerelli e tempere,
materie da lavorare con le mani, come il gesso. Cè una
rinascita del gesto pittorico libero dalla dimensionalità obbligata
del modello videofotomatico. Ma ciò avviene durante luso
di questo modello, non è un superamento, è una manifestazione
che coglie Cavicchioli quando taglia e appiattisce, spezza e separa,
e così riunifica e curva proprio per una Necessità (per
brevità diciamola naturale), come fredda e cerebrale adesione
al momentaneo.
Personale
di Gabriele Cavicchioli al Circolo Cruna, Via San Carlo, 4a, Bologna.
Enzo
Terzano
|