Premessa
Ci
sono sostanzialmente due diversi modi di accedere alla conoscenza
per gli uomini ordinari. Gli uomini straodinari come il Buddha
o anche semplici rinascite di grandi praticanti seguono vie
molto sottili di autorigenerazione della conoscenza acquisita
nelle altre vite. Sono gli uomini ordinari che procedono ad
acquisire la conoscenza innanzitutto con uno sforzo volontario
e un desiderio ben orientato verso la conoscenza di sé. Così
si comincia a leggere qualche libro, ad ascoltare qualche discorso
di amici o conoscenti occasionali e di volta in volta il nostro
spirito è irrequieto e tende a dissetarsi, leggendo ancora e
ascoltando e parlando ancora. Il leggere libri che ci interessano
e ascoltare gli amici e i conoscenti è un primo modo di avvicinarsi
alla conoscenza e una libreria esoterica è un ambiente in grado
di acquietare i propri desideri ma non è certamente in grado
di poterli appagare. Ciò che appaga, e questo è il secondo modo
destinato agli uomini ordinari, è entrare in contatto con uomini
straordinari e apprendere dalla loro bocca l'insegnamento e
poi cominciare a praticarlo per acquisire quelle esperienze
che faranno anche di noi un praticante e poi un maestro quando
saremo pronti per esserlo. Allora se noi vogliamo studiare gli
elementi possiamo dire tante cose molto belle e vaste anche
profonde forse, possiamo collezionare tante informazioni sparse
in miriadi di libri dei più disparati autori. Tuttavia non perverremo
mai ad una reale conoscenza degli elementi se non esercitandosi
nella pratica degli elementi ogni giorno della nostra vita,
fino a quando ci integreremo nella loro natura essenziale. Quando
il nostro stato della coscienza e perfettamente consapevole
e presente a sé stesso ed è integrato con il mondo dei sensi
e degli oggetti dei sensi ecco che è compiuto l'unione mistica
con la natura degli elementi. Ciò che per l'uomo ordinario era
esterno, altro, separato, diverso, piacevole, spiacevole ecc.
ecco che magicamente, vale a dire per volontà, diventa sé stessi,
senza alcuna possibile ulteriore distinzione. Dunque non potremo
pervenire a questa conoscenza che la tradizione buddhista, a
cui faccio volentieri riferimento insieme a poche altre, chiama
illuminazione, senza aver incontrato un Maestro che ci trasmetta
secondo l'ordine tradizionale tutti gli strumenti con cui noi
possiamo lavorare fino alla realizzazione. Quindi questa conferenza
lavora solo su frammenti ed è già in partenza incompleta poiché
non sono autorizzato a trasmettere l'Insegnamento della conoscenza
di sé. Tuttavia cercherò, limitatamente all'orizzonte spirituale
a cui sono pervenuto, di portarvi quanto più ho potuto, magari
servendomi di parole pronunciate da realizzati e proveremo a
comprenderle insieme.
I
colori degli elementi tra Oriente e Occidente
Il
pensiero religioso di ogni tradizione insegna che suono
e luce sono le modalità
primordiali di tutte le cose. L'armonia della manifestazione
cosmica origina, come il cerchio dal suo centro, dall'assoluta
perfezione del Verbo divino. Per millenni si è creduto che le
forme originarie delle cose fossero generate dai suoni e che
la prima energia sonora fosse appunto «il grido-presago del
Creatore» (Schneider, 1983, p. 3). Queste credenze si ritrovano
nei miti di creazione dove il nome-suono originario delle cose
è profondamente legato alla cosa stessa con un rapporto di causa-effetto.
I miti di creazione legano dunque al nome originario delle cose,
le cose stesse e quando il creatore pronuncia «Sia la luce»
(Genesi, 1:3) la luce
è istantaneamente creata. La luce esiste nello spirito del creatore
in maniera indistinta e potenziale e quando la sostanza ritmica
del Verbo è pronunciata il suono traduce l'idea creatrice in
creato, la parola luce in luce. Alla parola divina verbalizzata
segue istantaneamente la creazione della luce. Le vibrazioni
sonore irradiandosi si infiammano per la loro potenza e colui
che le genera risplende di pura luce. Dall'esistenza sonora
alla forma della cosa si susseguono gradazioni e passaggi: innazi
la vibrazione sonora poi la pura luce. La luce in un processo
di distinzione si diffonde in raggi i quali come colori si spargono
nello spazio. I colori, a loro volta, allontanandosi dalla fonte
originaria, acquistano diversa consistenza, per compromissione,
fino a condensarsi negli elementi: aria, fuoco, acqua e terra.
Gli elementi, infine, per cause concomitanti si combinano in
diverse proporzioni e generano i misti noti: dai minerali all'uomo.
Attraverso un processo discendente, di sostanziazione, dal puro
indistinto, sonoro e luminoso, alla identificazione in una forma
apparente e materiale, «Il Verbo si fece carne» (Giovanni, 1:14), come se dal suono alla forma la parola divina percorresse
la creazione quale navicella della tessitura e la portasse a
compimento. Dalla luce e dai colori, manifestazioni della pura
energia sonora, nascono dunque gli oggetti che formano il mondo
materiale, il quale non è altro che una condensazione della
luce primordiale fissata ad un diverso grado di purezza. Le
gradazioni di luce vanno dal fulgore del diamante e delle gemme
preziose fino all'oscura pietra (...) Ogni oggetto a qualsiasi
grado di rarefazione, dall'incantato cristallo fino ad un mutevole
stato psichico, esprimono «un diverso grado di (assenza) di
luce» (Zolla, 1975, p. 25). Il Dio-Luce «abita una luce inaccessibile,
che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere» (Timoteo,
6:16). Egli è nella pura dimensione della luce indivisa. Dalla
«luce su luce» (Corano,
XXIV:35), quintessenza di ogni colore, si diffondono, in un
processo discendente descritto nelle diverse tradizioni, o i
sette colori (i tre fondamentali blu, giallo e rosso e i tre
complementari arancione, violetto e verde ai quali si aggiunge
l'indaco) o i cinque colori (blu, verde, rosso, giallo e bianco).
Ogni colore rappresenta nel settenario diffuso in Occidente
una gerarchia angelica ed arcangelica e nel quinario dell'Oriente
buddhista una famiglia spirituale. Il percorso discendente dell'anima
umana, ad esempio, dal suo stato primordiale fino all'incarnazione,
passa attaverso il mondo intermedio dei colori i quali le tessono
una forma. Nel buddhismo, nel Bardo della rinascita, i cinque
colori puri diventano sempre più consistenti man mano che sorgono
le visioni e vengono riconosciute come reali, fino al punto
che i colori, perdendo la loro originaria purezza e cristallizzandosi,
costituiscono via via i sensi e gli oggetti dei sensi. Il mondo
intermedio dei colori fornisce dunque all'anima le facoltà psichiche
le quali, seppure leggerissime, sono pur sempre consistenti,
e quando, per ulteriore caduta, la terra riveste l'anima di
un corpo fisico, si giunge ad una fissazione temporale della
sua natura luminosa e lo stato dell'essere che è l'anima umana
si manifesta nella physis.
Il mondo fisico deriva anch'esso dal mondo intermedio dei
colori e reca traccia dell'originaria vibrazione sonora. Ogni
sostanza è tessuta di colori e tutto il mondo visibile è formato
da quattro cause: finale o ignea, efficiente o aerea, formale
o acquea e materiale o terrea (Zolla, 1975, p. 54), diversamente
combinate. Attraverso l'indagine delle leggi che governano gli
elementi, in un processo retrogrado di conoscenza, cioè di risalita
verso gli archetipi, si possono decifrare le sostanze terrestri
per arrivare ad intuire le cause intermedie e invisibili che
regolano il mondo visibile. Secondo la filosofia tradizionale
la caduta non avrebbe
dovuto esserci, cioè i colori non avrebbero dovuto concretizzarsi
nel mondo materiale e tutto doveva rimanere, dopo l'emanazione
dal Principio, sul piano del mondo della luce diffusa nell'iride.
La caduta pone il
problema del ritorno
al mondo originario che per l'uomo è il mondo intermedio dei
colori, immediatamente precedente alla nostra manifestazione.
Per questa ragione appena i colori ricompaiono tutti assieme
sulla Terra e si rendono simultaneamente percepibili nell'arcobaleno,
si interpreta questa 'meteora' (da un termine greco il cui significato
recita: 'che sta in alto nell'aria'), come un segno di richiamo
per il ritorno verso
la dimensione pura dei mondi superiori. L'arcobaleno diviene
allora il segno dell'Alleanza fra Cielo e Terra, fra la condizione
originaria e indistinta e quella decaduta e incantata, collegate
appunto dal 'ponte celeste' che si stende, come via di luce,
fra i diversi stati dell'esistenza. Gli iraniani chiamavano
questa via nel sacro Zend-Avesta
il Ponte Cinvat, via
dell'anima che nell'estasi, giunge fino alle «luci supreme»
(Yasna, 19:6). L'arcobaleno
come ponte è l'intermediario fra la pura luce indistinta, natura
primordiale dell'uomo e di tutte le forme materiali, e il mondo
degli elementi. Ponte fra l'archetipo luminoso e le sostanze
composte a gradazioni di colori quali raggi promanati dalla
pura luce indistinta. L'apparizione dell'arcobaleno, da questo
punto di vista, può essere assunta come la manifestazione della
pura e chiara luce nel nostro mondo, in quanto simbolo del processo
di ritorno al Principio sancito dall'Alleanza di pace fra Dio
e l'uomo e «ogni essere che vive in ogni carne» (Genesi,
9:15), poiché in seguito al Patto la protezione e il sostegno
divino non verranno mai meno e una via
di ascesa rimarrà sempre aperta. Sul piano fisico percepiamo
i colori dell'arcobaleno attraverso i sensi; sul piano metafisico
quei colori sono la somma delle famiglie spirituali che si manifestano
congiunte nel nostro mondo, come richiamo, attualizzato nel
tempo dell'arcobaleno presente ai nostri sensi, della completezza
dello stato primordiale. Ogni famiglia spirituale con il colore
del suo fondamento è l'espressione di una virtù. Tutte le famiglie
spirituali, sette o cinque come si diceva secondo le diverse
tradizioni, esprimono le sette virtù:
fede-rosso;
prudenza-indaco;
forza-arancione;
temperanza-giallo;
giustizia-blu;
carità-verde
speranza-violetto
o
le cinque consapevolezze corrispondenti alle cinque famiglie
di Buddha:
onnipresente-bianco;
discriminante-rosso;
come
lo specchio-blu;
dell'eguaglianza-giallo
e
che tutto compie-verde.
Virtù
e saggezze fondamentali che l'uomo può volontariamente acquisire
per reintegrarsi nella sua vera natura essenziale o, secondo
i creazionisti, per divenire «corona della creazione». L'arcobaleno
è, secondo l'esempio di queste prospettive, il simbolo della
totalità dell'essere virtuoso, impregnato delle virtù conformi
alle leggi cosmiche, ed è anche la via che totalizza le sette o cinque vie minori legate ad ogni singolo
colore: «Le manifestazioni della grande Virtù procedono
unicamente dalla Via. La Via è qualcosa di assolutamente vago
e inafferrabile. Benché inafferrabili e vaghe, all'interno di
essa vi sono delle immagini. (...)». (Tao
Tê Ching, XXI)*
L'arcobaleno
dal punto di vista dell'uomo è la via di luce dell'ascesa spirituale.
Come massima teofania luminosa è la manifestazione del divino
che si rende percepibile a tutti gli esseri, perché esprime
tutti i cromatismi di cui gli esseri non sono che un 'precipitato'.
L'arcobaleno diviene allora la tangibile manifestazione della
compassione del Padre verso i suoi figli.
Enzo
Terzano (Il testo di questa conferenza è stato pubblicato
nel catalogo Tibet Arte e Spiritualità. Cfr. in questo sito CATALOGHI)
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